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Vìola il diritto d’autore chi fa assistenza informatica sui PC installandovi software pirata

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Pronunciandosi su un ricorso contro l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione aveva dichiarato inammissibile l’istanza di revoca della sentenza di patteggiamento emessa dal Gip del medesimo Tribunale per il reato di cui all’art. 171 bis I. n. 633 del 1941, la Corte di Cassazione – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui, essendo la duplicazione l’unica condotta, tra quelle previste dall’art. 171 bis, per la cui integrazione il contrassegno SIAE non è elemento costitutivo, erroneamente era stata dichiarata inammissibile l’istanza, in quanto la duplicazione non è stata contestata -, ha affermato che la detenzione di programmi per elaboratore elettronico abusivamente duplicati dagli originali da parte di soggetto esercente professionalmente l’attività di assistenza in campo informatico può integrare il reato previsto dall’art. 171-bis, comma primo, della legge 22 aprile 1941, n. 633, poiché la finalità di commercio della detenzione medesima non deve essere valutata esclusivamente con riguardo alla vendita diretta dei programmi, ma anche alla installazione dei medesimi sugli apparecchi affidati in assistenza e, più in generale, alla loro utilizzazione in favore dei clienti.

Una vecchia sentenza ci permette di tornare su uno dei problemi forse più frequenti e presenti negli uffici, la detenzione e l’uso di software non acquistati tramite licenza.

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